IL FERRUCCIO DAL 1870
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1/3/2024 0 Commenti

"Foglie al vento" di aki kaurismaki

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Fotogramma tratto dal film "Foglie al vento" di Ari Kaurismaki.
Un film sul tempo e sulla sua assenza, sulla solitudine e sulla compagnia, sul silenzio e sugli echi delle guerre, sulla sacralità degli animali. Al centro delle esistenze, passeggere come le foglie, il cinema e la musica, eterni. Sullo sfondo i colori, in un simbolismo cromoterapico che salva gli occhi e il cuore.
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1/2/2024 0 Commenti

E voi come vivrete?

Foto
Un demiurgo al limite tra il bene e il male, verità trascendentali, passaggi di scosse elettriche, circolarità temporali, pluridimensionalità, onirismo e veglia, realtà e irrealtà, passato e futuro, futuro e passato, vita e previta. E poi musica, pittura (De Chirico, Magritte, impressionismo ed espressionismo), metacinema, poesia, fiaba. Un viaggio anagogico, che omaggia la "Divina Commedia" e il cinema di David Lynch, che strizza l'occhio all'Occidente e all'Oriente. È proprio vero che l'Universo intero è nell'Arte. "Il ragazzo e l'airone" di Hayao Miyazaki.
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12/19/2023 1 Commento

A Firenze, tu grida

Tu grida nei teatri
anche se nessuno sa
più come gridare.
Ci hanno detto
che a riempirci la vita
ci avrebbero pensato

le scarpe le borse
i capelli gli anelli.
Alle orecchie ci hanno sussurrato
che a riempirci gli occhi
​c
i avrebbero pensato
i viaggi,
i mari le montagne,
l
e barche gli champagne.
Nel frattempo non ci siamo accorti
di non saper più gridare,
di non saper più cantare,
di non avere più un volto,
di non avere più un nome.
Ma a Firenze tu grida
a voce alta,
grida adesso, non domani.
Perché tu sai
che a riempirci la vita
ci pensano i teatri,
le poesie il consenso il dissenso.
Tu grida a testa alta,
a teatro Verdi,
nel caffè le Giubbe rosse,
al Paszkowski,
nelle aule,
dietro alle cattedre,
davanti alle cattedre,
in piedi sulle cattedre.
Tu grida sui giornali,
a penna alta,
parole di verità
di giustizia di lealtà.
Tu grida nelle piazze
al centro delle folle,
agli angoli delle folle.
Perché tu hai
ancora un volto
hai ancora un nome,
ancora una voce.
Lascia un segno,
tu che puoi,
tu che sai.
Tu che hai una responsabilità.
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5/18/2022 1 Commento

Della decontestualizzazione, della massificazione e dello svuotamento della storia

Foto
Liliana Segre e Chiara Ferragni
"Se Chiara Ferragni venisse al Memoriale della Shoah molti adolescenti si interesserebbero e verrebbero a vedere cosa è successo a me e a tanti altri" - Liliana Segre
Quello che Chiara Ferragni, o un qualsiasi influencer x, potrebbe restituirci della Shoah è il semplice contenitore vuoto, lo sfondo di un set fotografico che ha al centro griffe, filtri e trucchi. Sarebbe un ennesimo tentativo di banalizzazione della realtà, di riduzione della complessità della storia a una unidimensionalità piatta e colorata. Per consegnare il passato nelle mani delle nuove generazioni, abbiamo bisogno di investire sulla scuola e su quelle figure relegate sempre più ai margini della società: i docenti, i ricercatori, gli artisti. Ritenere che la nostra società abbia bisogno di una Chiara Ferragni per sensibilizzare i giovani alla storia dimostra che la cultura è sempre più massificata e proiettata verso il basso. Basterebbe pensare ad Assurbanipal, a Pisistrato, ad Alessandro Magno, ad Ottaviano Augusto, a Federico II, a Lorenzo de’ Medici, ecc., per capire di quali strumenti avrebbe bisogno il mondo: di intellettuali, di studiosi, di esperti in ogni campo del sapere. Chiara Ferragni è immagine, è moda, in tutte le sue accezioni, è pubblicità, è mercato, è illusione, è caducità. Chiara Ferragni non è cultura, non è approfondimento, non è ricostruzione, non è contenuto, non è causalità, non è consequenzialità. La storia non si può mettere in vetrina, né tantomeno può essere testimoniata e salvata da orde di giovani in fila per un ‘selfie’ in un campo di concentramento/di sterminio. Chiara Ferragni non saprebbe spiegare cosa sia davvero un campo di concentramento, potrebbe posare, sorridere - forse, potrebbe anche abbozzare un sorriso di tristezza e di raccoglimento -, fare una diretta Instagram, e cercare di sostituirsi a chi ha dedicato una vita agli studi, a chi cerca disperatamente, in un paese come l'Italia, di ridare spazio alla cultura e alle ragioni storiche, in una società che ha sempre più urgenza di verità e di bellezza, quelle che resistono al tempo e che arricchiscono gli animi. No, Chiara Ferragni non può raccontare Auschwitz. Auschwitz non può essere banalizzata, deve essere spiegata. 
Un giorno, su una barca in mezzo al mare, leggevo "L'idiota" di Dostoevskij. Una mia amica, sulla stessa barca in mezzo al mare, leggeva/sfogliava "Vogue". Alla domanda "Cosa state leggendo?", la mia amica rispose: "Nulla, leggiamo. Tanto un libro o Vogue sono la stessa cosa". Io guardai il mare, immenso, sterminato, e pensai: "No, non sono affatto la stessa cosa. Il mio libro è il mare, immenso, sterminato. Il tuo 'Vogue' è il costume, una moda che passerà, che si consumerà. Io ho, dentro la testa, il mare. Tu hai, fuori dagli occhi, un costume”. Poi mi alzai, e mi tuffai in acqua. 
P.S. E ricordiamoci che potrebbe esistere, in una qualsiasi altra parte del mondo, un influencer y, antisemita, razzista (e chi più ne ha, più ne metta), che potrebbe fomentare le masse in senso contrario. Quindi, sostituendo gli influencer, cambierebbe anche il significato della visita, a dimostrazione del fatto che i comportamenti indotti e passivi sono non solo manipolabili, ma sono soprattutto pericolosi. A partire da questi meccanismi apparentemente banali, infatti, vennero forgiate quelle stesse masse che accettarono e assecondarono la logica perversa e criminale dei campi di concentramento/di sterminio. La Storia, quella con la S maiuscola, insegna sempre.
F.G.
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4/13/2022 0 Commenti

WE'LL WAIT AND SEE

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Immagine di Sean Longmore per Music Box Theatre - Chicago

Il mondo ha un bisogno disperato di arte.
La trepidazione che ha accompagnato la notizia, poi rivelatasi infondata, di un nuovo film di David Lynch, in anteprima al Festival di Cannes 2022, è la prova di quante persone nel mondo si aggrappino a ogni spiraglio di bellezza e di penetrazione artistica della realtà e della psiche. In un'epoca di abbattimento morale, di mancanza di aggregazione, di stanchezza sociale e di intorpidimento cognitivo e culturale, l'intera comunità lynchana, in tutte le parti del mondo, è sobbalzata urlante, ha sperato, ha creduto in un meraviglioso ancora possibile, in un tempo in cui si fa fatica a meravigliarsi e ad aspettarsi qualcosa che sappia di carne viva. Per un attimo ci siamo ricordati di essere tutti amici e di desiderare insieme quel qualcosa in grado di rendere gli uomini ancora umani: la speranza e la condivisione. Grazie, David Lynch.
P.S.: Comunque, io ci spero ancora!
F. G.


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